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Nella vita è necessario ascoltare le motivazioni dell’altro. La differenza dei punti di vista completa la visione e uno sguardo sintetico si può rivolgere nella giusta direzione.

La vita fa per sé e così fa per tutti. La vita sembra piena quando proviamo ad imbrigliarla e diviene vuota quando ne assecondiamo il fluire. Quando il desiderio si accende le montagne invalicabili divengono colline e l’oceano più vasto si tramuta in un mare navigabile. Soltanto il tempo misura la bontà della percezione e la riprova ce la indica la susseguente ondata di delusione. Di fronte a questa prova la barca si può rovesciare e le montagne possono essere ricoperte dal ghiaccio.

Allora Il dolore reclama il suo regno. Il suono si fa greve e la felicità sembra aver smarrito la porta di ingresso. Tutto sembra prendere una direzione non gradita, ma la sofferenza evidenzia le fratture di una corazza che non sostiene più il cozzo delle armi. La vita nelle ferite trova un pertugio per riprendere ciò che le compete. Anche il metallo più resistente prima o poi cede sotto i colpi del fabbro. Ciò che prima lucidavamo affinché scintillasse per indicare il trionfo e la gloria, viene visto come un aspetto consunto dalle prove della vita.

Bello per ciò che è non per quello che dovrebbe affermare nel mondo e soprattutto vero per quella storia che vi è intrisa e non aspetta altro di essere liberata. Se l’ansia di dominare cambia strada, nonostante il giorno tardi ad arrivare, la corazza viene percepita come un ostacolo al sentire la vita: il respiro si rivela affannoso, non che prima non lo fosse magari il sentire era attratto da altro. Il torace, compresso dall’armatura, vuole tornare a seguire il ritmo della vita. In quel momento la spada diviene pesante ma non può essere lasciata cadere per terra perché colui che è prigioniero teme i rumori. Allora viene conficcata nel terreno, vi rimane a futura memoria e interiormente si attiva la forza relativa a quel simbolo. L’elsa che proteggeva la mano in battaglia diviene il nuovo limite da superare.

Bisogna uscire dal guscio della distruttività. Senza la spada le liti non possono più essere sedate con la forza. E’ necessario ascoltare le motivazioni dell’altro. La differenza dei punti di vista completa la visione e uno sguardo sintetico si può rivolgere nella giusta direzione. E’ nel fare consapevole che si percepisce l’unità. Siamo spinti a trasformare la materia a nostra immagine e somiglianza perché è proprio l’alchimia della vita che svela le nostre aspirazioni più profonde. Fra i quattro elementi della materia quello che meglio riassume il processo alchemico è il fuoco. A questo punto una domanda sorge spontanea: è il fuoco della vita che rivela ciò che siamo?

I saggi ci raccontano la vita ed infiammano il petto di chi è pronto. Il fuoco fa da sé, ma possiamo curarne la fiamma. Se impariamo ad invocarlo, preservarlo e a spegnerlo ci sentiamo più uniti alla vita. Il controllo del fuoco attraverso la fiamma permette di produrre luce e calore, abilità necessaria per accogliere tutte le condizioni ambientali e climatiche. Gli uomini si sono avvantaggiati grandemente dell’utilizzo del fuoco. Nel tempo la tecnica si è fatta largo nei processi della coscienza e le attività scientifiche si sono riversate in tutti i campi dell’essere umano generando delle vere e proprie rivoluzioni con conseguenti miglioramenti delle condizioni di vita.

In particolare l’utilizzo sempre più diversificato dell’energia elettromagnetica accompagna ogni nostra attività. Ma ci siamo dimenticati di quella spada conficcata nella terra. Ancora non siamo pronti a riconoscerne profondamente il suo essere croce. Ci ispira ad essere migliori, ma se rimaniamo nella forma continuiamo a costruire degli steccati per ingabbiare speranze, sentimenti e idee.

La croce è di più di quello che abbiamo percepito fino ad ora. L’abbiamo continuata ad usare come una clava per combattere chi non la pensa come noi. La forma della croce indica che da qualunque direzione arriviamo la meta è certa: ci riuniremo comunque nel centro. La croce non rimanda ad una vaga speranza di salvezza, ma ad una attività continua che se rivolta verso l’interno condurrà all’ unione.

Prima o poi ognuna di quelle quattro strade dovrà essere percorsa fino in fondo. La spinta e il conseguimento li garantisce la vita. Infatti è la vita stessa che conduce tutti verso il centro perché facciamo parte di questo uni-verso. La vita è in noi e noi siamo la vita. Vivendo abbiamo l’opportunità di esserne consapevoli. Così diveniamo sempre più disponibili a riconoscere l’attività essenziale del fuoco e la potente mutevolezza della fiamma. Sarà vero quanto ho scritto ispirandomi a ciò che raccontano i saggi? Per saperlo non ci rimane che percorrere le strade del mondo…

Per meglio approfondire questo e altri argomenti vi rimando alla sezione Psicologia dello Yoga del Portale della consapevolezza Yoga, Vita e Salute https://www.yogavitaesalute.it/

Luca Tomberli

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